Una sentenza della Cassazione, la n. 17010/16, stabilisce che il rispetto del Codice della Strada non è esigibile solo da chi è alla guida di veicoli ma anche da coloro che svolgono attività diverse, come la manutenzione stradale.

Anche gli Enti proprietari delle strade rispondono di Omicidio Stradale?

La Suprema Corte di Cassazione, IV Sezione Penale, con la sentenza del 29 marzo 2016 n. 17010/16 chiarisce alcuni aspetti riguardanti l’interpretazione giuridica circa le responsabilità degli Enti proprietari e gestori delle strade pubbliche, facendo seguito alla Circolare ministeriale che sottolineava l’importanza del fatto che le norme del Codice della Strada debbano essere in primis rispettate da tali Enti e non solo dai conducenti dei veicoli.

Tale determinazione della Cassazione nasceva, nel caso specifico, dalla seguente circostanza di fatto: la società appaltatrice della manutenzione di una strada aveva posizionato sul margine della carreggiata delle protezioni per “lavori in corso”, ma le stesse si erano mosse con il vento (poiché non fissate e assicurate in alcun modo a terra) ed avevano invaso parte della carreggiata. Un auto in transito urtava contro il cartello e l’automobilista perdeva il controllo del mezzo andando a collidere contro un autocarro proveniente dall’opposto senso di marcia. Nell’impatto, sia il conducente che il passeggero avevano perso la vita.

Questo caso era precedente all’introduzione delle recenti norme sull’omicidio stradale, ma ciò non di meno riguardano il caso essendo stato imputato l’omicidio colposo nei confronti del responsabile del cantiere.

La Corte di Cassazione così afferma: “Il rispetto delle norme cautelari che regolano la sicurezza stradale non è, infatti, esigibile esclusivamente dagli utenti della strada alla guida di veicoli, dunque in fase di circolazione, ma anche da coloro che svolgano attività diverse, come la manutenzione stradale (…) come si evince da quanto espressamente previsto dal D. Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 21 comma 2 “Chiunque esegue lavori o deposita materiali sulle aree destinate alla circolazione o alla sosta di veicoli e di pedoni deve adottare gli accorgimenti necessari per la sicurezza e la fluidità della circolazione e mantenerli in perfetta efficienza sia di giorno che di notte” e dal D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, artt. 30 – 32, a proposito delle barriere che delimitano i cantieri sulla strada”.

La Suprema Corte, inoltre, chiama in campo come responsabile anche l’Ente proprietario: solo nel caso in cui il cantiere venga completamente isolato e posto nell’utilizzo esclusivo dell’impresa che opera la manutenzione, l’Ente proprietario potrà ritenersi estraneo ad ogni coinvolgimento, mentre “allorquando invece – afferma la Suprema Corte – l’area su cui vengono eseguiti i lavori e insiste il cantiere risulti ancora adibita al traffico e, quindi, utilizzata a fini di circolazione, questa situazione denota la conservazione della custodia da parte dell’Ente titolare della strada, sia pure insieme all’appaltatore”. Aggiunge altresì che “la posizione di garanzia derivante dalla proprietà della strada e dalla destinazione di essa al pubblico uso comporta, infatti, il dovere per l’Ente di far sì che quell’uso si svolga senza pericolo per gli utenti (…) l’obbligo di vigilanza la cui omissione è fonte di responsabilità qualora concorrano le circostanze della conoscenza del pericolo, dell’evitabilità dell’evento lesivo occorso a terzi e dell’omissione dell’intervento diretto all’eliminazione dei rischi”.